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50. anniversario della morte del gen. Władysław Anders

12.05.2020

Il 12 maggio ricorre il 50. Anniversario della morte del gen. Władysław Anders, comandante del 2. Corpo d'Armata Polacco, vincitore della battaglia di Montecassino, eroe della guerra di Liberazione dell'Italia.

Władysław Anders

Mio padre, il generale Władysław Anders, morì a Londra il 12 maggio 1970, il giorno del cinquantesimo compleanno di mia madre. Oggi, a cinquant’anni dalla sua morte, vorrei condividere, da figlia, alcune riflessioni e ricordi privati.

Mio padre riposa nel cimitero di guerra polacco di Montecassino, in Italia. Mia madre, Irena Renata Anders, è morta a Londra il 29 novembre 2010. Le sue ceneri sono state sepolte nella tomba di mio padre nel maggio 2011. Ė stato mio padre a scegliere di essere sepolto a Montecassino con i suoi soldati, perché la Polonia, nel 1970,  si trovava ancora sotto il dominio comunista. Montecassino, con le sue 1072 tombe polacche, è ancora oggi, per ogni polacco, una parte di Polonia in Italia.

Per tutto il tempo di cui ho ricordo, mio padre sognava una Polonia libera. Non è vissuto abbastanza per vederla: ci vollero altri 20 anni prima che la Polonia sfuggisse alle catene della dominazione sovietica. Deve aver sofferto terribilmente nel vedere cosa stava succedendo nella sua amata Polonia, mentre lui e tanti dei suoi soldati continuavano a vivere in esilio nel Regno Unito. Trascorse tutti quegli anni cercando di aiutare sia il suo popolo in esilio sia, ove possibile e di nascosto, quelli che avevano fatto ritorno in Polonia. Deve essere stato sconvolto quando, nel 1946, i comunisti gli revocarono la cittadinanza. In pubblico si è sempre espresso con forza contro il regime - aveva trascorso 22 mesi nella prigione della Lubyanka, in Russia, durante la guerra. Ma in privato, a casa, sembrava sempre di buon umore, mai amaro, gli piaceva ricordare la Polonia com’era prima della guerra ed evitava di parlarmi degli orrori che aveva vissuto.

Da bambina adoravo mio padre. E anche lui mi adorava. Aveva 59 anni quando sono nata e mi diceva sempre che sarei stata il suo ultimo e più grande amore. E’ stato sempre il mio eroe, soprattutto quando indossava l’uniforme, con tutte quelle medaglie e decorazioni. Ne aveva così tante che ridendo gli dicevo che sembrava un albero di Natale. Ma lui si schermiva, di tutte quelle medaglie diceva sempre che le più importanti erano le otto stelle che ricordavano le volte in cui era stato ferito durante la guerra. I suoi soldati lo adoravano, erano gli uomini del II Corpo Polacco, che andarono poi a formare gran parte della comunità polacca nel Regno Unito dopo la guerra, dando vita alla "Piccola Polonia" con i suoi club, teatri, scuole e giornali che rappresentano il mondo in cui sono cresciuta. Lo adoravano non solo perché aveva salvato loro la vita portandoli fuori dalla Siberia, ma perché per loro era come un padre. Molti dei suoi soldati erano così giovani ai tempi della guerra. Per ognuno di loro aveva tempo, si preoccupava della loro educazione, del loro futuro. Oggi nelle apparizioni pubbliche ripeto spesso che ogni comandante dovrebbe sognare di essere amato dai suoi soldati come lo era mio padre. Era come Mosè. Lo avrebbero seguito fino alla fine del mondo. Oggi la maggior parte di loro non è più con noi, ma quelli che restano hanno trasferito il loro affetto per lui a me. Li amo tutti, e li considero la mia famiglia.

Quando ho iniziato a viaggiare in Polonia (sono nata nel Regno Unito), ancor prima di diventare un funzionario dello Stato, notavo che le persone erano affascinate dal generale Anders come persona. Durante il dominio comunista parlare di lui e del suo esercito era un assoluto tabù, forse per questo in tanti volevano sapere come fosse a casa. Era solenne e severo come appariva nelle fotografie? L’avevo mai visto in accappatoio e pantofole? In effetti mio padre era un tipo disinvolto, mai esigente e aveva sempre tempo per me. Ironia della sorte, poiché vivevamo nel Regno Unito, per strada nessuno lo riconosceva, poteva portarmi a scuola, al parco, al circo. In Polonia, se le cose fossero state diverse, sarebbe stato un personaggio pubblico e troppo impegnato per passare molto tempo con una bambina piccola.

Le persone spesso mi chiedono quando ho capito esattamente quanto mio padre fosse importante. La risposta è: piuttosto presto, durante la mia infanzia, quando vedevo che tutti si alzavano in piedi nel momento in cui egli entrava in una stanza. Ma penso che solamente quando ho iniziato ad andare in Polonia ho cominciato a realizzare quale grande uomo mio padre fosse veramente stato. Ha salvato circa 120.000 persone da morte certa in Siberia, ha portato le sue truppe alla vittoria a Montecassino, Bologna, Ancona, svolgendo così un ruolo importante nella liberazione dell'Italia. 

Mi chiedono anche quando ho iniziato a seguire le sue orme e dedicare la mia vita alla Polonia. Era il novembre 2011 durante la mia visita in Russia con i veterani dell'esercito di mio padre. I monumenti dedicati a lui in Russia risaltano in mezzo al nulla, come anche in Uzbekistan, Kazakistan e in vari luoghi del Medio Oriente, a testimonianza della presenza dell'Esercito di Anders che si sarebbe poi unito alle forze alleate in Italia. Non solo monumenti, purtroppo, anche cimiteri. A Londra, dopo la Seconda guerra mondiale, mio padre continuò a essere un personaggio pubblico, attivo sia sul piano politico che su quello sociale. Ha istituito il Fondo nazionale polacco e nel 1953 la Società Polacca per l’Istruzione che ad oggi opera in tutto il mondo insegnando ai giovani la lingua, la storia e la cultura polacca.

Sì, mio padre era un uomo eccezionale e sono orgogliosa di essere sua figlia. La guerra e il destino lo hanno portato in Italia, un paese che amava davvero. Non posso fare a meno di pensare che è anche il destino che mi ha portato qui come ambasciatore della Polonia in Italia. Questa è l’eredità di mio padre.

La Stampa, 12.05.2020 - “Sei il mio ultimo e più grande amore. Così mi diceva il generale Anders, mio padre”

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