Il sostegno dell'Italia alla Polonia nella guerra polacco bolscevica
15.08.2020
L'Italia ha venduto alla Polonia armi e materiale bellico, inclusi milioni di fucili "Mauser" e missili "Mannlicher", 45 pistole e un gran numero di uniformi. Alla vigilia dell'assalto finale dell'Armata Rossa, l'inviato italiano, Francesco Tommasini, fu l'unico capo della missione estera (a parte il nunzio apostolico Achille Ratti) a rimanere a Varsavia.
L'Italia, quasi contemporaneamente alle altre potenze dell'Intesa, ha riconosciuto il governo de jure di Ignacy Jan Paderewski e l'indipendenza della Polonia nel febbraio 1919. Durante la conferenza di pace a Parigi, il Primo Ministro italiano, Vittorio Emanuele Orlando, e il Ministro degli Affari Esteri, Giorgio Sidney Sonnino, hanno ritenuto che le questioni dei confini occidentali polacchi dovevano essere risolte dalle grandi potenze. Tuttavia, hanno proposto di lasciare la decisione sul confine orientale a Varsavia. La Missione degli Alleati, giunta in Polonia nel febbraio 1919, comprendeva anche i rappresentanti politici e militari dell'Italia, tra cui: il Ministro Plenipotenziario Cesare Giulio Montagna, il Generale Giovanni Longhena Romei e il Cap. Leopoldo Venturi (sposato in Polonia e di lingua polacca). Uno dei membri della missione alleata a Leopoli, mediatore nel conflitto polacco-ucraino, era il Capitano Giuseppe Stabile.
In Italia, nei pressi di Torino e di Napoli, nel 1917 e 1918, furono creati due campi militari per soldati di nazionalità polacca catturati dall'esercito austro-ungarico. Nonostante l'iniziale resistenza delle autorità italiane, la missione romana del Comitato Nazionale Polacco a Parigi, riconosciuta dall'Italia, ottenne il permesso di evacuare decine di migliaia di soldati e ufficiali che si unirono all'esercito polacco in Francia. Dopo la partenza per la Polonia nel 1919, la cosiddetto Armata Azzurra divenne uno dei pilastri dell'esercito polacco nella guerra polacco-bolscevica.
Il diplomatico italiano in Polonia, Cesare Montagna, ha convinto le autorità di Roma che la Polonia dovrebbe essere sostenuta materialmente e con gli approvvigionamenti di fronte alla minaccia bolscevica. Di conseguenza, negli anni 1919-1920, l'Italia ha venduto alla Polonia (in cambio di carbone) armi e materiale bellico (post-austriaco e dismesso), tra cui: milioni di fucili "Mauser" e missili "Mannlicher", 45 pistole e un gran numero di uniformi.
Nel luglio e nell'agosto 1920, l'Italia, prevedendo la sconfitta dell'esercito polacco, sosteneva che la Polonia dovesse firmare il prima possibile una tregua (pace) con l'Unione Sovietica. Tuttavia, l'inviato italiano a Varsavia, Francesco Tommasini, quale unico capo della missione estera, a parte il nunzio apostolico Achille Ratti, rimase a Varsavia alla vigilia dell'assalto finale dell'Armata Rossa. Tornato in Italia, Tommasini pubblica un libro: "La risurrezione della Polonia" (Milano 1925) tradotto in polacco.