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Non esistevano "campi polacchi". Appello ai media

25.01.2022

A breve celebreremo la Giornata della Memoria, data stabilita per ricordare la liberazione del campo nazista tedesco di Aushwitz il 27 gennaio del 1945. Tanti gli eventi commemorativi in questi giorni, tante le occasioni per ricordare, riflettere, parlare di quella che fu uno dei momenti più tragici e sconvolgenti nella storia. Anche quest’anno l’Ambasciata di Polonia vuole rivolgere ai media italiani l’invito a prestare massima attenzione al linguaggio e all’uso della denominazione corretta del campo di Auschwitz, basata sulla formula ufficiale approvata da UNESCO: “Auschwitz Birkenau. Campo nazista tedesco di concentramento e sterminio”.

auschwitz

Con questo invito vorremmo prevenire l’insorgere di situazioni sgradevoli che ci hanno spesso costretto a chiedere chiarimenti e rettifiche di espressioni erronee e fuorvianti come “lager polacco” o “campo polacco”. Tali espressioni costituiscono un grave e pericoloso errore che crea confusione e deforma la verità storica sullo sterminio perpetrato dallo stato nazista tedesco sul territorio occupato della Polonia. Insinuano il dubbio sulle responsabilità, offendendo così la memoria dei milioni di cittadini polacchi, ebrei e non, vittime del nazismo.

Sappiamo bene, primi fra tutti i professionisti dell’informazione, che non esistevano campi “polacchi”. Eppure leggendo articoli o ascoltando notiziari continuiamo a imbatterci in questa definizione, non solo in riferimento a Auschwitz, utilizzata spesso come una “scorciatoia linguistica” per collocare geograficamente questi luoghi di genocidio. I giornalisti o redattori si riferiscono infatti spesso soltanto alla localizzazione geografica di Auschwitz o di altri campi. Anche in tal caso utilizzare espressioni quali “campo polacco” rimane comunque inaccettabile, in quanto lo stato polacco non esisteva negli anni del funzionamento dei campi di sterminio; i territori sui quali i campi erano situati era stati invasi e occupati dai nazisti tedeschi.

Benché l’errore non possa essere considerato intenzionale, questo spontaneo “automatismo” nell’accostare all’aggettivo “polacco” i nomi di luoghi di genocidio costruiti dai tedeschi nazisti sul territorio della Polonia occupata è ancor più preoccupante. Contribuisce infatti a creare errati “codici” di memoria storica. E questo, purtroppo, riguarda soprattutto i giovani e coloro che non hanno una buona conoscenza della storia.

Confidiamo nella collaborazione di tutti quelli che, in quanto giornalisti, sono chiamati a contribuire alla diffusione delle notizie esatte sulla storia della Shoah e pertanto all’uso corretto del linguaggio. Se vogliamo estirpare i semi dell’intolleranza, dobbiamo tutti, a cominciare dai media, stare attenti alle parole.

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