In order to ensure the highest quality of our services, we use small files called cookies. When using our website, the cookie files are downloaded onto your device. You can change the settings of your browser at any time. In addition, your use of our website is tantamount to your consent to the processing of your personal data provided by electronic means.
Back

Polacchi in Italia

I flussi migratori dalla Polonia all’Italia hanno una lunga e ricca tradizione. Osservandoli da una prospettiva storica è necessario considerarli attraverso il concetto più ampio di mobilità, rispetto a ciò che oggi siamo abituati a definire con il termine “migrazione”. Dal Medioevo fino alla seconda metà del XIX secolo, il fenomeno migratorio riguardò soprattutto l’élite (missionari, commercianti, esploratori) e solo in un secondo momento diventò un movimento di massa.

Così nel corso dei secoli si è costruito e consolidato un legame italo–polacco che ha influenzato la storia, la scienza, la cultura, l’arte e la letteratura, come anche la società di entrambi i paesi. Di conseguenza non è difficile riscontrare segni della presenza polacca in Italia: per le strade delle città, nei racconti degli italiani e perfino nell’inno nazionale italiano.

La prima testimonianza storica della numerosa comunità polacca in Italia la ritroviamo nella Chiesa di Santo Stanislao dei Polacchi al centro di Roma, che nel 1578 su richiesta del cardinale Osio fu donata dal Papa Gregorio XIII ai pellegrini polacchi. La chiesa nel corso dei secoli ha svolto un importante ruolo religioso e politico. Nel 1657, per esempio, Papa Alessandro VII celebrò il Te Deum di ringraziamento per la fine dell’invasione svedese in Polonia. Nel 1683, invece, Innocenzo XI, celebrò la messa per propiziare la vittoria del re polacco, Giovanni III Sobieski nella battaglia di Vienna.

Durante il Rinascimento e l’Illuminismo, sull’onda della crescente popolarità dell’Umanesimo e della conseguente valorizzazione dell’età classica, l’Italia divenne il centro assoluto della cultura e dell’educazione. Vi si trasferirono molti pensatori, scrittori, artisti e ricercatori da ogni parte d’Europa, tra cui numerosi polacchi. Nelle università italiane di Bologna, Padova, Ferrara e Roma studiarono e insegnarono celebri polacchi: Niccolò Copernico, Jan Kochanowski, Giovanni III Sobieski e Jan Zamoyski; quest’ultimo è stato anche rettore dell’Università di Padova. Esistono inoltre numerose testimonianze del fascino che l’Italia esercitò sulle più grandi figure della letteratura polacca del XIX secolo tra le quali Mickiewicz, Słowacki, Norwid, Krasiński, Sienkiewicz o Żeromski.

I polacchi inoltre combatterono nelle file della Repubblica di Venezia, a fianco dell’esercito piemontese, a difesa del governo provvisorio toscano e infine a Roma nei giorni della Repubblica. Non dimentichiamoci che in Italia si addestrarono i combattenti delle insurrezioni polacche e che proprio qui nacque l’inno polacco.

Appassionanti sono inoltre le storie dei polacchi meno celebri che si stabilirono in diverse città italiane, portandovi la loro cultura. Come, per esempio, quella di Karol Paszkowski, che ha fondato a Firenze lo storico locale “Caffè Concerto Paszkowski”. Nato come antica birreria, per i fiorentini ha sempre rappresentato un importante punto di ritrovo di letterati; qui avevano luogo le più feroci dispute politiche e sociali.

Lodevole è anche l’impegno dei polacchi sul territorio italiano durante la Seconda Guerra Mondiale. I soldati polacchi conquistarono Montecassino e si batterono per la liberazione d’Italia. Dopo il 1945, molti di quelli che arrivarono in Italia al seguito dell’Armata del generale Anders decisero di rimanervi e alcuni tuttora ci vivono. Le prime associazioni polacche in Italia furono fondate proprio da loro. La prima, “Comunità Polacca di Torino”, è tutt’oggi operativa.

Dalla seconda metà del XX secolo le ondate migratorie coincisero con gli sconvolgimenti politici o con le crisi economiche in Polonia. Erano gli anni 60’, 70’ e 80’, quando si veniva in Italia con il biglietto di “sola andata”. Prima del 1989, la migrazione in Italia aveva per lo più carattere politico e ideologico. Esistono tuttavia notevoli differenze, nel cosiddetto “profile dell’emigrante”, tra chi arrivò nella penisola italiana prima e dopo il 1981: l’emigrazione post ’81 era caratterizzata soprattutto da un soggiorno temporaneo mirato a proseguire in America o in Australia. In Italia ci si fermava solamente alcuni mesi, in campi di accoglienza temporanea, aspettando il visto per continuare il proprio viaggio oltre oceano.

Lo scenario dell’emigrazione polacca in Italia è cambiato radicalmente dai primi anni novanta, dopo la caduta della cortina di ferro. Da quel momento si emigrava per motivi di lavoro e solitamente per brevi periodi.

Un ulteriore cambiamento è avvenuto dopo il primo maggio 2004, come conseguenza del processo di aggregazione politica in Europa, che ha portato ad una politica consapevole di mobilità dei lavoratori tra gli stati membri dell’Unione Europea. Dopo l’entrata della Polonia nell’Unione Europea, per gli emigranti polacchi la scelta dell’Italia come paese di destinazione era mirata e maggiormente consapevole rispetto al passato. Si nota chiaramente che fanno parte di questo flusso migratorio post allargamento un maggior numero di giovani istruiti, che programmano un soggiorno all’estero più lungo, stabilito secondo un progetto migratorio ben definito, non più dettato solamente da fattori economici.

La mostra “Volti Polacchi” nasce con l’intenzione di aggiungere una nuova pagina alla storia dell’immigrazione polacca in Italia: scritta nei volti dei protagonisti rappresentati, più o meno noti, ma sempre con le loro incredibili storie e i loro ammirevoli successi, che costituiscono un’immagine positiva della comunità polacca in Italia.

Kamila Kowalska

{"register":{"columns":[]}}