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12 settembre 2021, la beatificazione del Cardinale Stefan Wyszyński

08.09.2021

Il 12 settembre 2021 si terrà a Varsavia, presso il Tempio della Divina Provvidenza, la beatificazione del Cardinale Stefan Wyszyński, Primate della Polonia. In vista di questo importante evento, pubblichiamo un’ampia intervista all’Ambasciatore di Polonia presso la Santa Sede Janusz Kotański, pubblicata nel N. 2021-4 di “Civitas Christiana”, dedicata al Primate del Millennio.

Festa dell’Assunzione della Beata Vergine Maria. Jasna Góra, 15 agosto 1966. Il primate Stefan Wyszyński (sull’inginocchiatoio) e il suo segretario, padre Władysław Padacz (inginocchiato accanto a lui).

È ampiamente diffusa un’immagine solenne del Primate. Com'era veramente nella vita quotidiana? 
Vorrei iniziare con un ricordo personale. Per la prima volta vidi il Primate Wyszyński alla fine degli anni sessanta mentre stava uscendo dalla sacrestia della Cattedrale di San Giovanni a Varsavia. Il gruppo di persone che lo aspettavano iniziò ad applaudire, il Cardinale si voltò, guardò il fedele gregge, che subito tacque, la benedisse con dignità, entrò in una Humber nera e se ne andò. Mio padre mi disse piano: “Ricordati, questo è il Primate Wyszyński. Il Principe della Chiesa”. Questa scena mi fece una grande impressione e non l’ho mai dimenticata.
Fin dall'inizio del suo ministero sacerdotale, Stefan Wyszyński portava nel suo breviario una lista dei buoni propositi, dove vi erano, tra gli altri, anche questi: “1. Parla poco - vivi senza fare rumore - silenzio. 2. Fai molto, ma senza agitarti, serenamente. 3. Lavora in modo sistematico. 4. Evita di fantasticare - non pensare al futuro, è cosa di Dio. 5. Non sprecare il tempo, perché non ti appartiene: la vita ha uno scopo e quindi ogni momento in essa”. Penso che questi e altri punti del suo ‘decalogo’ privato siano molto significativi.
Le foto delle cerimonie in chiesa il più delle volte lo ritraggono come gerarca serio e pensieroso. Invece, nelle tante foto che hanno immortalato scene della sua vita privata, in vacanza, tra amici e collaboratori più stretti, è sorridente, felice e rilassato. E in compagnia dei bambini, addirittura radioso. Alcuni scatti sono decisamente deliziosi: mentre gioca con un cane da pastore di Tatra, accanto ad una pecora bianca o con uno scoiattolo sulla spalla, mentre fa il giro della fattoria dove nacque a Zuzela.
Nei contatti ufficiali si comportava con dignità e grande classe, ma come ha scritto Kazimierz Papée, l'ambasciatore del governo polacco in esilio presso la Santa Sede: “Non c'è in lui nessuna finzione, nessuna posa, nessuna teatralità alla quale siamo così abituati a Roma”.
Wyszyński emerge da vari ricordi e racconti come una persona che trattava tutti con grande rispetto e, vale la pena sottolineare, trattava le donne con grande galanteria. Nella lista sopracitata, Wyszyński nel punto 8 scrisse: “Rispetta tutti, perché sei peggio di loro: Dio si opporrà ai superbi”.
Mentre lavoravo nell’archivio del Primate del Millennio a Varsavia in via Miodowa, ho scoperto un altro tratto accattivante del suo carattere. Vale a dire, la sua grande attenzione ai sacerdoti. In particolare, sosteneva spiritualmente coloro che dubitavano della propria vocazione e che stavano attraversando una crisi di fede. Pregava per loro e li incoraggiava a perseverare. Non mi sono mai imbattuto in un esempio dove fosse inutilmente severo: era un padre esigente, ma allo stesso tempo, premuroso ed amorevole.
Nei rapporti con i suoi collaboratori era un bravo psicologo, era noto anche per il suo senso dell'umorismo brillante, paradossale ed autoironico.
Nel tempo libero, che praticamente non aveva, perché tranne il periodo delle vacanze estive, lavorava e pregava dalle sei del mattino alle dieci di sera, gli piaceva leggere i poeti polacchi, sia romantici che contemporanei: Mickiewicz, Krasiński, Norwid, Kasprowicz, Herbert. Per quanto riguarda gli scrittori di prosa, apprezzava molto Sienkiewicz, Makuszyński ed Eugeniusz Małaczewski, di cui ai tempi del comunismo non si parlava mai, autore dello scioccante racconto “Cavallo sulla collina” dove ha descritto le atrocità commesse dai bolscevichi durante la guerra del 1920. Ascoltava musica e assisteva ai concerti del festival di musica contemporanea “Autunno di Varsavia”.

L'insegnamento del Primate del Millennio abbraccia diverse discipline. Quali temi sono particolarmente rilevanti nel XXI secolo?
Vorrei collocare questa domanda in un contesto più ampio, riguardante l'eredità del Primate del Millennio, a cui dobbiamo restare fedeli e da cui dobbiamo attingere, seguendo quel che ci ha detto San Giovanni Paolo II: “Siano forti la Chiesa e la Nazione dell'eredità del Cardinale Wyszyński. Possa questa eredità rimanere in noi”. Certamente, le questioni relative alla dottrina sociale della Chiesa, una disciplina a cui Stefan Wyszyński si interessò fin dalla sua giovinezza, rimangono particolarmente attuali.
Prima della Seconda guerra mondiale furono pubblicate circa 100 delle sue pubblicazioni dedicate alle questioni sociali. Questo grazie all’istruzione ricevuta, ai soggiorni di studio in Occidente e all’esperienza personale. Già allora, da giovane prete, promuoveva il principio della solidarietà sociale e del corporativismo tra i lavoratori, che si opponevano da un lato al capitalismo egoista e dall'altro al comunismo e al nazionalsocialismo.
Stefan Wyszyński ha tracciato principi sui quali dovrebbe ergersi la società e lo Stato, basati sui valori cristiani. In modo chiaro univa tre concetti chiave, vale a dire: famiglia - nazione (che significa “famiglia di famiglie”) - Stato.
Considerava la famiglia solida una garanzia della stabilità dell'intera comunità nazionale. Ricordiamo che nel 1929 scrisse la tesi di dottorato sul tema: “Il diritto della famiglia, della Chiesa e dello Stato all’istruzione”.
Era profondamente convinto che solo sulle sue solide fondamenta si possa costruire un forte stato. Da qui la sua grande preoccupazione e la sua lotta costante per la famiglia polacca. Il Primate ha costantemente sottolineato che bisogna sostenere, rispettare e proteggere la famiglia. Il suo atteggiamento era di grande importanza durante il regime comunista, quando la famiglia era sottoposta a grandi pressioni ideologiche e la società doveva essere atomizzata.
Questa sfida è attuale anche oggi, quando la famiglia è oggetto di attacchi spietati, questa volta da parte di sostenitori della costruzione di un nuovo mondo e di un nuovo ordine sociale, privo di tutti i principi e valori, e soprattutto privo del modello tradizionale e sacro di questo fondamento della comunità sociale.
Seguendo l’esempio del Primate, dovremmo prenderci cura del bene comune: ravvivare il senso di dovere per il bene comune, rinnovare la capacità di cooperare, ridare valore alla parola solidarietà.
Un altro problema fondamentale è lo straordinario attaccamento del Primate alla nazione, alla sua storia e cultura, il suo profondo patriottismo.
La Grande Novena non è solo un imponente progetto pastorale, da lui preparato pensando al Millennio del Battesimo della Polonia, ma un programma completo, dedicato a vari aspetti della vita della nazione; inoltre, non è solo un programma di ripresa, ma anche una grande rivalutazione dell'intera comunità di fronte alla minaccia di un sistema totalitario.
Il suo insegnamento ci obbliga ad amare la Patria, a conoscere la nostra storia, a coltivare la lingua e la cultura e ad aver cura dello spirito della nazione. Nella Novena, il Primate ha posto una domanda fondamentale: “lo spirito del Vangelo è davvero lo spirito della Nazione?”.
È impossibile dimenticare il suo appassionato discorso, pronunciato nel settembre 1953, poche settimane prima del suo arresto, in una delle chiese di Varsavia, quando disse: “Se dicessero che il Primate agiva contro la nazione e la sua Patria - non ci dovete credere! Amo la mia Patria più del mio cuore e tutto ciò che faccio per la Chiesa, lo faccio per lei”.
È una dichiarazione forte e inequivocabile di un carismatico gerarca, statista, difensore della Chiesa e della nazione polacca. L'amore per la Patria, la consapevolezza dei suoi legami storici con il cristianesimo, con la Chiesa, con la Sede di San Pietro ci obbligano ad essere vigili, a lavorare, a sacrificarci - in una parola - alla fedeltà.
Ciò implica gli sforzi necessari per la giustizia sociale. Il rispetto dei diritti, delle libertà e della dignità di ogni essere umano stavano particolarmente a cuore al Primate del Millennio. Nel luglio 1946, quando visitò come vescovo l'ex campo di concentramento tedesco di Majdanek, disse: “Tutti coloro che continuano l'opera di distruzione dell'uomo appartengono allo stesso campo che imperversava qui e che qui ha perso la sua campagna d'odio”.
Pertanto, abbiamo il dovere di opporci a qualsiasi tentativo di umiliare la dignità di ogni essere umano, ai tentativi di limitare brutalmente il suo diritto alla vita dal concepimento alla morte naturale, di spogliarlo della dimensione trascendente, di imporgli al posto del sacro varie tendenze assurde come nuove pseudo-religioni. Qui si deve sentire il nostro forte “NON POSSUMUS!”, qui dobbiamo stare molto attenti a non consegnare “il governo delle anime nelle mani degli indegni”.

La testimonianza della vita del Primate non è solo un cammino pastorale, del grande interrex, dell'educatore della nazione. Cosa possiamo imparare da lui per migliorare ogni giorno?
Indubbiamente, di essere fedeli alle proprie convinzioni e credenze, di avere il coraggio di mostrarle e di essere estremamente coerenti nel metterle in atto. E inoltre, di basare la propria vita sul Vangelo e di ricordare la dimensione trascendente della nostra esistenza.
Durante i lunghi anni del suo ministero, Stefan Wyszyński ha dovuto prendere molte decisioni difficili. Proclamato dai comunisti nel febbraio 1953 “Il decreto sulla nomina del clero alle cariche ecclesiastiche” è stato da lui percepito come un colpo mortale contro l'indipendenza della Chiesa in Polonia. Lo ha ritenuto privo di qualsiasi base giuridica. Da qui è nata l'idea del memoriale emesso dall'Episcopato nel maggio di quell'anno, dove sono state pronunciate le famose parole: “Le cose di Dio non si possono porre sugli altari di Cesare. NON POSSUMUS!”.
Il Primate era consapevole che avrebbe pagato la presa di posizione così inequivocabile con la prigionia o forse con un prezzo ancora più alto, eppure ha deciso di fare questo passo!
E tornando un po’ 'indietro nel tempo: vogliamo parlare della questione dell’accordo tra lo Stato e la Chiesa del 1950? Decise di farlo in una situazione specifica e drammatica, quando moltissimi sacerdoti venivano rinchiusi nelle carceri e nei campi di lavoro, quando i sacerdoti più ribelli venivano torturati, assassinati di nascosto o imprigionati in base a delle sentenze illegittime. Cercava un modus vivendi con il regime comunista, che potesse essere accettabile.
Ha ricevuto delle garanzie, per quel poco che si poteva ottenere in quei tempi, p.es. il mantenimento dell'insegnamento della religione nelle scuole, il permesso di pubblicare la stampa cattolica, di fornire assistenza pastorale ai malati negli ospedali e nelle carceri e - cosa molto importante – la conferma del ruolo del papa come “autorità determinante e suprema” in materia di fede e giurisdizione ecclesiastica.
Il prezzo da pagare era quello di dover condannare coloro che continuavano a combattere in clandestinità contro l’indipendenza. Molti di quei “irriducibili soldati” per anni non hanno voluto perdonare questa decisione al Primate. Ma per lui lo scopo principale era quello di far sopravvivere la Chiesa in Polonia, di salvare il clero e i fedeli e di prepararli al confronto finale con il regime totalitario in futuro.
In altre parole: possiamo imparare dal Primate del Millennio come si prendono anche le più difficili decisioni – sempre secondo coscienza – e come ci si prepara ad accettare le conseguenze che scaturiscono dalle nostre scelte. 
Il Primate del Millennio ci insegna anche a non dimenticare i nostri compatrioti dei territori che la Polonia ha perso. Ha sempre cercato di mantenere - grazie ai poteri ricevuti dal Papa Pio XII - i contatti con la Chiesa perseguitata in “terra disumana”. Una buona parte di quella Chiesa era composta dai nostri compatrioti che si sono trovati loro malgrado nell’Unione Sovietica. Dobbiamo ricordare, in particolare, i polacchi attualmente perseguitati in Bielorussia, nonché quelli che vivono in Ucraina, Lituania e Lettonia. “Se ti dimentico, Gerusalemme”...
Seguendo il suo esempio, vale la pena migliorare la propria autodisciplina. Dopotutto, nelle condizioni carcerarie estremamente difficili, il Cardinale ha preparato, tra l'altro, il programma della Grande Novena prima dell’imminente Millennio del Battesimo della Polonia nel 1966, ha scritto un nuovo testo dei Voti di Jasna Góra della Nazione Polacca.
Infine, impariamo dal Primate la fiducia assoluta nella Madre di Dio. Fin dall'infanzia, ha pregato la Nostra Signora della Porta dell’Aurora e di Jasna Góra. È una caratteristica che lo accomuna a Karol Wojtyła e alla sua bella e profonda devozione mariana.

Lei è il coautore dei “Quaderni Educativi” dedicati al Primate del Millennio, pubblicati nel 2003 dall'Istituto della Memoria Nazionale. Come bisogna parlare oggi alle giovani generazioni della figura e dell'eredità del Primate del Millennio?
Questa domanda nasconde un sottinteso importante: come parlare di personaggi storici oggi, in modo che le giovani generazioni si interessino a loro? Da un lato, l'esempio di “Inka”, dei soldati irriducibili, mostra che è possibile perché la memoria delle loro azioni è stata ripristinata dopo decenni di silenzio e menzogne.
D'altra parte, un massiccio attacco contro la Chiesa in Polonia non crea un clima favorevole per rendere popolari coloro che appartenevano al clero, anche se si tratta delle personalità più eminenti. Ma è tanto più necessario farlo. L'imminente beatificazione del Cardinale Wyszyński rappresenta qui una grande occasione.
Dopotutto, la vita del nostro Primate era così ricca, piena di tanti eventi importanti ed eccezionali. Come bisogna fare per convincere i giovani che il Primate era davvero - come ha detto Giovanni Paolo II, rendendo omaggio al Primate durante il suo pellegrinaggio in Polonia nel 1983 – “un uomo provvidenziale per la Chiesa e anche per la Patria”?
Dico sempre che bisogna rompere con lo schema del messaggio stereotipato, sviluppare una nuova forma di narrazione, scegliendo i giusti mezzi e il linguaggio del racconto. L'obiettivo è di incuriosire il giovane pubblico, di far scoprire nuovamente il primate Wyszyński, di mostrare la sua straordinaria personalità e gli episodi affascinanti della sua biografia, e infine persone che ha incontrato e con le quali ha collaborato. Mostrare i suoi grandi dilemmi su questioni fondamentali per la Chiesa e la nazione, per il nostro “essere o non essere”.
Per me un'esperienza importante e istruttiva è stata l'organizzazione da parte della nostra Ambasciata di due edizioni dell’escursione “Sulle tracce romane di Karol Wojtyła”. Quasi 100 persone hanno partecipato a ciascuna di esse, principalmente polacchi e italiani. Cosa abbiamo notato? Che le persone che vivevano a Roma non si rendevano conto a quanti luoghi il futuro Papa fosse stato legato per molti anni. Non si trattava solo della topografia, ma anche del contesto storico e dei contenuti. Faccio un esempio: grazie alla visita alla Radio Vaticana è stato più facile presentare il ruolo del Cardinale Wojtyła come padre conciliare, raccontare dell’importanza dei suoi discorsi nella radioemittente vaticana, che negli anni del concilio Vaticano II e successivamente è stato l'unico collegamento tra i polacchi e la Santa Sede, e infine mostrare il percorso che ha portato l'Arcivescovo di Cracovia al Trono di San Pietro.

Lo scorso novembre sono passati 55 anni da quando è stato inviato il “Messaggio dei vescovi polacchi ai fratelli tedeschi in Cristo”. Come costruire la cooperazione e la riconciliazione tra le nazioni seguendo l’esempio del Primate? 
“Se in tutte e due parti troveremo buona volontà (...) un dialogo serio deve compiersi e col passare del tempo deve dare frutto, malgrado tutto, nonostante il ‘ferro rovente’”. Credo che questa sia la formulazione chiave del “Messaggio dei vescovi polacchi ai loro fratelli tedeschi in Cristo”, riguardante la costruzione di rapporti tra le parti che sono in forte conflitto o che attraversano una grave crisi. 
Ma riferendosi a questo documento, vale la pena ricordarne il contesto storico, cioè richiamare lo spirito del concilio Vaticano II e l'idea di preparare quasi 60 cosiddette “lettere del Millennio” dall'episcopato polacco, nelle quali si invitavano gli episcopati di tutto il mondo a celebrare e partecipare al Sacrum Poloniae Millennium.
Naturalmente, la lettera all'episcopato tedesco aveva un significato speciale e delle conseguenze, è costata al Primate severe critiche dall'allora segretario del compartito polacco, Gomułka. Questa lettera, redatta dal vescovo Bolesław Kominek, mostra che vale la pena prendere l'iniziativa del dialogo e cercare di parlare di questioni difficili per entrambe le parti. Che la disponibilità a impegnarsi per costruire relazioni basate su principi equi è preziosa. Bisogna anche ricordare ciò che univa e continua ad unire le nazioni in conflitto. È necessaria una preparazione, la conoscenza dei fatti per poter affrontare l'interpretazione degli eventi e i sentimenti degli interlocutori.
Infine, vale la pena cercare alternative che supportino una diplomazia adeguata. (A proposito, vorrei ricordare che la nostra Ambasciata, insieme all'Ambasciata tedesca presso la Santa Sede, nel 30 ° anniversario della firma del trattato di buon vicinato e cooperazione amichevole, ricorderà questo importante evento storico nella Basilica di San Pietro, sulla tomba di San Giovanni Paolo II, che è stato sempre un sostenitore della riconciliazione tra la Polonia e la Germania.)
Qui, nella Città Eterna, è chiaramente visibile quanto sia grande la lacerazione nel mondo moderno, in quanti campi si conducono le battaglie e quanti drammatici conflitti sono in corso. Eppure, come ha recentemente dimostrato Santo Padre Francesco, recandosi in pellegrinaggio in Iraq, bisogna provare con insistenza, provare a costruire ponti. 
 

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