Intervista al Presidente di Polonia Andrzej Duda
20.11.2020
Intervista di Lorenzo Bertocchi al Presidente della Repubblica di Polonia Andrzej Duda apparsa sul mensile “Il Timone” nel numero di novembre 2020
Signor Presidente, la Polonia e il popolo Polacco hanno sempre dovuto battersi per la libertà. La sovranità riconquistata negli anni Novanta è l’ultima vittoria. Posso chiederle che cos’è per lei la libertà?
Sono nato in Polonia sotto il regime comunista, ma vengo da una generazione che cresceva circondata dalla leggenda di “Solidarność”, un sindacato dei lavoratori che contava 10 milioni di iscritti, forse il più grande movimento di libertà nella storia della Polonia, un fenomeno su scala mondiale. La mia generazione è in particolar modo marcata dalla lotta per la libertà; per noi è stata un’esperienza reale, non un concetto astratto. Per questo motivo considero personalmente la libertà non come qualcosa di ovvio, ma come un impegno. La lotta dei polacchi mi obbliga a fare tutto ciò che è in mio potere per conservarla, ma conservarla nei suoi molteplici aspetti, anche nel significato nuovo, moderno della parola. Quando guardo i miei Connazionali, sento che la libertà è quando non dobbiamo temere per il domani, quando ci sentiamo sicuri nelle nostre case. Perché oggigiorno, nella Polonia di oggi, la libertà non significa soltanto l’indipendenza nel senso statale, persino non soltanto la sicurezza dalle minacce esterne, ma anche essere liberi dalla povertà, avere possibilità di svolgere un lavoro stabile e dignitoso, una libera attività imprenditoriale, il rispetto dei diritti dell’uomo e del cittadino, il diritto di educare i figli nel rispetto dei valori professati, il diritto di professare una religione. In qualità di Presidente, ma anche come comune cittadino, sono obbligato a salvaguardare questa libertà per i miei connazionali.
All’opposto della libertà ci sono i totalitarismi, nel Novecento la Polonia ha dovuto affrontare i due mostri: nazismo e comunismo. Presidente, li abbiamo sconfitti per sempre o ci sono nuovi totalitarismi all’orizzonte?
L'esperienza della Polonia nel XX secolo è davvero unica. Abbiamo dovuto affrontare due sistemi totalitari: il nazismo tedesco e il comunismo sovietico. Questa drammatica esperienza fa sì che ci sentiamo in dovere come polacchi di dare al mondo un'importante testimonianza di questo periodo. Ricordiamo la nostra esperienza affinché una simile tragedia non si ripeta mai più. Purtroppo, la storia dalla quale non si traggono conclusioni, si ripete. Questo è il motivo per cui in Polonia ci prendiamo cura dei luoghi di memoria, nei quali furono perpetrati gli omicidi dai nazisti tedeschi e dai sovietici. Per questo stiamo ancora cercando le vittime dei crimini comunisti e le loro sepolture, in modo che ogni vittima sia riconosciuta per nome e cognome. Questa è una lezione che non si può dimenticare.
Nel mondo moderno la presenza di idee che si riferiscono ai sistemi totalitari deve inquietare. Indipendentemente da chi le esprime e dove, sono pericolose e richiedono una nostra reazione. Se qualcuno ha dubbi sul fatto che qualsiasi manifestazione di un ritorno al pensiero comunista debba essere soggetta a una reazione immediata, allora vorrei invitare a conoscere la storia del massacro di Katyń, a visitare i cimiteri pieni di fosse comuni di persone che erano scomode per le autorità comuniste. Continueremo ad essere i custodi della memoria dei crimini commessi dai regimi totalitari.
Papa Giovanni Paolo II, in una celebre intervista concessa nel 1993 al giornalista Jaś Gawroński disse che "all’origine di numerosi gravi problemi sociali e umani che attualmente tormentano l’Europa e il mondo si trovano anche le manifestazioni degenerate del capitalismo", lei è d’accordo?
Sì, lo Stato deve creare una cornice per il libero mercato, per il capitalismo: rispetto per i poveri e i deboli, dignità del lavoro e diritti dei lavoratori, solidarietà. Questo è il motivo per cui stiamo cercando di introdurre programmi in Polonia che rafforzino il lavoratore. Aumentiamo il salario minimo e rafforziamo le istituzioni che curano i diritti dei lavoratori.
La nostra trasformazione economica polacca negli anni Novanta si è concentrata solo sulla dimensione economica, ha dimenticato le persone. Noi ora stiamo riparando queste negligenze. Nel 2015 è avvenuto un cambiamento nella politica polacca, che ha posto le persone e le famiglie al centro dell'attenzione. Sono convinto che affinché il capitalismo sia sano, abbiamo bisogno di una società sana: basata sulla solidarietà, sulla comunità, sulla famiglia come fondamento.
Lei spesso viene accusato di compiere politiche troppo "stataliste" poco "liberali" in economia, cosa risponde?
Non è che lo Stato si opponga al libero mercato. Non è un'alternativa, dovrebbe essere una simbiosi. I problemi con il libero mercato spesso non derivano da restrizioni imposte dallo Stato, ma proprio dalla debolezza dello Stato. Ci sforziamo di mantenere un equilibrio nell'economia polacca. Inoltre, oggi, in relazione alla pandemia e al suo impatto sull'economia e sul destino degli imprenditori e lavoratori, abbiamo a che fare con una situazione insolita che rivela quanto sia importante lo Stato. È il momento per un intervento decisivo dello Stato, per grandi progetti e investimenti pubblici. Sono necessari per stimolare l'economia, che ha perso lo slancio a causa della pandemia. Sono persuaso che ovunque si possa aiutare, bisogna aiutare. Ed è proprio questo che facciamo in Polonia. Siamo determinati a riportare la nostra economia sulla via della crescita, anche se alcuni fautori del libero mercato lo chiamano un eccessivo statalismo e interventismo.
Le politiche per la famiglia della Polonia sono state lodate anche da papa Francesco, può spiegarci quali sono e quali risultati avete raggiunto?
Negli ultimi anni, grazie alla politica dello Stato, siamo riusciti ad alzare il tenore di vita di milioni di polacchi. Il programma governativo “500 Più”, che garantisce un finanziamento di 500 PLN al mese per ogni bambino, ha eliminato la povertà tra i bambini nel 95%! È un successo che vale tutti gli sforzi. Realizziamo un disegno politico coerente e unificato a sostegno delle famiglie perché sappiamo che sulla forza della famiglia si basa la forza dello Stato. Abbiamo aumentato le pensioni minime di invalidità e quelle legate all’età. Le persone di età superiore ai 75 anni hanno ricevuto una garanzia di farmaci gratuiti. Sosteniamo i genitori offrendo 500 PLN e kit scolastici per i bambini. Con l'introduzione di un programma speciale "Per la vita", sosteniamo in modo complessivo le famiglie con bambini malati e disabili. Questo porta dei risultati tangibili.
La vostra difesa della famiglia naturale trova molti oppositori anche nell’Unione europea che, invece, promuove il matrimonio tra persone dello stesso sesso e il diritto all’aborto. La secolarizzazione avanza anche in Polonia?
La Polonia, come ogni paese occidentale, vive la secolarizzazione, ma rispetto ad altri paesi della comunità europea, i valori tradizionali, la famiglia, il matrimonio e la presenza della religione nella vita pubblica sono ancora forti da noi. E dovremmo mostrarlo ad altre nazioni, non vergognarci della nostra identità e persino esercitare un'influenza positiva su altri paesi in questo senso. Il Santo Padre Giovanni Paolo II, quando in Polonia si svolgeva il dibattito sull'adesione all'Unione Europea, ha detto qualcosa di molto eloquente e molto forte: “Sì, andate all'Unione Europea. Sì, andate in Europa, in questa grande Comunità, ma andateci ricchi dei vostri valori e portate questa grande ricchezza - così si possono intendere le sue parole - in Europa. Portate dentro di voi questi valori tutto il tempo - voi polacchi, noi, come nazione. Quando molti altri li hanno persi, voi ce l’avete ancora. Ed è questo ora il vostro dovere, di camminare con questi valori e arricchire l'Europa con essi”. In questo spirito cerco di perseguire la politica, anche se sono consapevole che la Polonia è sotto una pressione molto forte che contesta i valori, ad esempio, quello del modello della famiglia tradizionale. Viene esercitata una forte pressione su di noi, spesso non c’è nemmeno spazio per il dialogo, ma semplicemente la Polonia viene attaccata per voler proteggere la famiglia, coltivare le tradizioni e difendere lo stile di vita cattolico. Ma sono consapevole che questo è già accaduto nella storia quando la pressione sulla secolarizzazione era altrettanto forte. I polacchi sono ribelli, sanno come difendersi. Nel XX secolo, la Polonia ha dovuto affrontare i sistemi totalitari, ma siamo stati in grado di mantenere la nostra identità. La manterremo anche ora e spero che la rafforzeremo ancora di più. Non credo nel determinismo. I processi sociali non sono irreversibili, dipende tutto da noi.
La pandemia da Sars-CoV2 ha messo in evidenza la fragilità dell’uomo che, pur ringraziando la scienza, deve sempre confrontarsi con la sua finitezza. Lei è cattolico, come l’aiuta la sua fede ad affrontare la vita, il dolore e la morte?
La pandemia ha portato la morte e la sofferenza, ma ha anche dimostrato il valore della solidarietà umana. Ha mostrato che è più facile affrontare queste tragedie quando siamo uniti. Il tempo come questo mostra quanto di buono c’è nelle persone. In Polonia, una bella manifestazione di solidarietà è stata l’assistenza che migliaia di giovani volontari hanno offerto agli anziani. Li hanno supportati nelle loro necessità quotidiane, li hanno sostenuti con la conversazione e li hanno incoraggiati. Per me, come Presidente della Repubblica di Polonia, ma allo stesso tempo cattolico, è stato naturale affidare la Polonia, le nostre preoccupazioni e lotte alla Madonna Nera, Nostra Signora di Jasna Góra, in un luogo dove i polacchi pregano da generazioni in momenti drammatici per la nostra Nazione. È stata anche la mia reazione personale alla fragilità della vita di cui la pandemia ci ha reso consapevoli.
Giovanni Paolo II in “Memoria e identità” sembra affermare che proprio I paesi dell’Est Europa hanno qualcosa da insegnare alle altre nazioni sull’importanza dell’identità, lei come interpreta questa valutazione?
L’insegnamento di Giovanni Paolo II è particolarmente importante per me. Uno dei momenti più belli del pontificato di Giovanni Paolo II per me è stata la sua omelia indirizzata ai giovani a Westerplatte, durante il pellegrinaggio nel 1987. Disse allora che ognuno di noi ha la propria Westerplatte e che si tratta di un traguardo nella vita personale che deve essere realizzato, dal quale non possiamo disertare; che ci sono valori che dobbiamo difendere a tutti i costi. Westerplatte è per i polacchi un simbolo di lotta e lealtà. È il luogo in cui furono sparati alcuni dei primi colpi durante la seconda guerra mondiale e i soldati polacchi si difesero in combattimenti eroici per molti giorni. Combattiamo anche quando perdiamo e non c'è possibilità di vincere. Penso che possiamo condividere questa esperienza con altre nazioni, che ci sono determinate cose e valori, per i quali vale la pena sacrificare tutto, a cui non si può rinunciare.
Nei suoi scritti Giovanni Paolo II ha mostrato al mondo e resa universale la nostra esperienza dell'Europa centrale: l'esperienza della mancanza di libertà, la crudeltà della guerra, ma anche l'esperienza della tolleranza, del multiculturalismo, delle persone di fedi diverse e l'esperienza di una Polonia multinazionale. I polacchi possono mostrare sul proprio esempio che aspetto ha la tolleranza. La tolleranza dove convivono anche identità molto forti e diverse.
La Polonia è un paese consapevole di che valore rappresenta avere un proprio Stato. Solo uno Stato efficiente, uno Stato che rispetti la propria storia e tradizione, può affrontare le sfide del presente. Noi polacchi sappiamo che non c'è contraddizione tra una forte identità nazionale e la volontà di costruire un'Europa forte e comune.
Materiały
Intervista Presidente DudaPresidente_Duda_-_Il_Timone.pdf 4.71MB